Il Kenya ha una popolazione di quasi 50 milioni di abitanti, con un’età media di 19 anni. Il 43,4% della gente vive al di sotto della soglia di povertà. La legislazione, che ha recentemente disposto l’erogazione di servizi per la salute mentale a livello comunitario non tiene conto della realtà. Ci sono infatti meno di 100 medici psichiatri in tutto il paese (fonte WHO). Allo stesso modo il diritto all’inclusione scolastica dei bambini con disabilità mentale, sancito dalle leggi del paese, rimane largamente disatteso. Gli unici servizi pubblici per la salute mentale sono offerti dal grande ospedale psichiatrico di Mathare a Nairobi e da altri tre istituti più piccoli ubicati in differenti regioni del paese. Nei fatti, però, a questi servizi possono accedere solo persone che lavorano ed hanno di conseguenza un’assicurazione sanitaria che ne copre il costo. Insufficienti e poco accessibili sono i servizi di riabilitazione per chi soffre di disturbi neurologici. I problemi si aggravano in una realtà disgregata come quella di Kibera (Nairobi), uno degli slum più popolosi e poveri di tutta l’Africa Subsahariana. La popolazione di Kibera, difficile da censire con precisione, ammonta a diverse centinaia di migliaia di persone, di cui almeno la metà senza un lavoro. Perciò gli abitanti vivono in condizioni di estrema povertà, in piccole baracche, quasi tutte di lamiera, segmentate da viottoli di terra battuta, senza accesso a servizi essenziali come acqua e latrine. Qui abitano intere famiglie, condividendo il piccolo spazio interno e gli spazi esterni con i vicini in una condizione di estrema promiscuità. La percentuale delle persone disabili è alta, sia per l’inadeguatezza delle condizioni di vita, sia per la scarsità dei presidi sanitari e la mancanza di prevenzione. In più, superstizione e pregiudizio inducono a vedere nella disabilità una maledizione o l’espiazione di una colpa. Quando nasce un bambino disabile, spesso la madre viene ritenuta colpevole e la famiglia, quando c’è, si disintegra. La conseguenze sono stigma e isolamento, che impediscono il rispetto dei diritti delle persone disabili.
Dal 2013 Cittadinanza sostiene il Centro “Paolo’s Home”, che assiste i bambini con disabilità psicofisica a Kibera. Il centro è stato aperto nel 2008 dall’associazione Koinonia ed è oggi frequentato da 110 bambini affetti da paralisi cerebrale, epilessia, autismo, sindrome di Down, danni cerebrali dovuti a meningite o complicazioni del parto, e per lo più in condizione di malnutrizione.
Nel 2013, accanto all’ambulatorio di fisioterapia è stato inaugurato il Centro Diurno, dove 15 bambini beneficiano ogni giorno di un pasto completo e di attività educative, oltre agli interventi di fisioterapia, secondo un percorso individualizzato, con obiettivi in ambito fisico, cognitivo, comunicativo e sociale. Il team di Paolo’s Home è composto da 2 fisioterapiste, una psicologa, un terapista occupazionale, un assistente sociale, più due educatori che operano principalmente all’interno del centro diurno. Due mamme vengono coinvolte a rotazione nella preparazione dei pasti e nell’accudimento dei bambini, sì da essere protagoniste del processo di riabilitazione e avere un’opportunità di reddito. Nel 2015 è stato avviato per tutte le madri il programma di empowerment: attraverso sessioni di formazione e la disponibilità di materiali di base, possono produrre e commercializzare sandali e prodotti di sartoria.
L’importo complessivo del progetto è:
Il centro promuove iniziative di sensibilizzazione della comunità locale e offre gratuitamente:
Sedute di fisioterapia, anche a domicilio
Distribuzione di farmaci
Distribuzione degli ingredienti per la preparazione dei pasti
Sostegno psico-sociale