Nei prossimi mesi sempre più studi si concentreranno sull’impatto della pandemia sulla salute mentale. Mesi di lockdown, insicurezze economiche e sul lavoro, oltre che l’ansia per le condizioni sanitarie sono solo alcuni dei fattori che hanno pesato sulle popolazioni di ogni continente.
Bruna Sironi – volontaria di Cittadinanza Onlus residente a Nairobi – ci racconta le conseguenze della pandemia sulla salute mentale in Kenya, tra l’aumento di suicidi, depressioni, abbandono scolastico e cure interrotte mai riprese. L’impegno di Cittadinanza per la salute mentale continua nella baraccopoli di Kibera, sebbene subisca ancora delle limitazioni a causa della pandemia.

I dati e i perché dell’OMS

Secondo rapporti ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanitá (OMS) ormai ben conosciuti, durante la pandemia si é notato, globalmente, un aumento rilevante nei casi di ansia e stress che spesso si sono trasformati in vera e propria depressione. Si è registrato anche un incremento dei suicidi, mentre gli esperti si aspettano un aumento dell’uso di sostanze stupefacenti nei prossimi mesi. La situazione, dicono gli specialisti, è stata determinata dall’interruzione delle normali attivitá, dalla perdita del lavoro e delle usuali fonti di reddito, dalla chiusura delle scuole, dall’isolamento, dalla paura del contagio e in generale dall’incertezza per il futuro. Inoltre, il fatto che non si potesse prevedere quando si sarebbe potuto tornare alla vita e ai progetti di prima dello scoppio della pandemia non ha fatto che aumentare la reazione negativa in quanto ha reso piú problematico sviluppare meccanismi di difesa del proprio equilibrio psichico.

In  Kenya tra suicidi e depressioni

Anche in Kenya la pandemia ha avuto un effetto rilevante sulla salute mentale della popolazione. L’articolo “L’impatto mortale della pandemia sulla salute mentale” (The deadly impact of the pandemic on mental health), pubblicato lo scorso agosto sul settimanale regionale The East African, si occupa dell’aumento dei suicidi nei paesi della regione. Vi si legge che, secondo dati della polizia, nel secondo trimestre di quest’anno ci sarebbero stati in Kenya almeno 500 suicidi, piú che in tutto il corso del 2020. Inoltre, secondo dati dell’OMS, il paese si attesterebbe al 5° posto in Africa per i casi di depressione, mentre il 25% dei keniani soffrirebbe di una qualche forma di problema relativo alla salute mentale.

Gli adolescenti

Una ricerca sulla condizione degli adolescenti – Promesse da mantenere; l’impatto del COVID 19 sugli adolescenti in Kenya (Promises to keep: Impact of COVID-19 on adolescents in Kenya) – pubblicato dall’Unitá per le politiche e le strategie dell’ufficio del presidente, ha messo in luce una situazione davvero problematica: circa la metá dei ragazzi keniani avrebbe sofferto di sintomi riconducibili a qualche forma di depressione durante i nove mesi di chiusura delle scuole. Infatti le loro condizioni di vita sono diventate improvvisamente molto piú difficili, ansiogene e stressanti. Il 97% ha incontrato difficoltá nell’accesso a materiali per l’apprendimento (anche in Kenya era raccomandata la didattica a distanza, mentre la gran parte della popolazione, e delle istituzioni scolastiche, non ha accesso a internet, e in molti casi neppure ad una rete telefonica ed elettrica affidabile). Il 75% ha saltato regolarmente almeno un pasto al giorno. Le ragazzine hanno risentito della pandemia in modo ancor maggiore. Il 50% non ha potuto comprare gli assorbenti igienici, cosa che ha limitato mensilmente la loro vita sociale e ha aumentato anche i rischi di problemi fisici. In molti casi le loro speranze per il futuro hanno subito un drastico ridimensionamento: alla riapertura delle scuole il 16% delle ragazze non é rientrato. Il 4% delle adolescenti tra i 15 e i 19 anni erano incinte o avevano già avuto un figlio al momento dell’intervista. Molte erano state convinte ad accettare un matrimonio precoce o riparatore. Molte altre si rammaricavano di non poter riprendere gli studi perché dovevano contribuire a sfamare la famiglia, alcune anche accettando di prostituirsi.

Chi già soffriva di problemi di salute mentale

La pandemia ha avuto un impatto fortemente negativo anche sulle persone con problemi mentali giá riconosciuti. Lo evidenzia una ricerca pubblicata su una conosciuta rivista specializzata, l’International Journal of Mental Health Systems. Vi si dice che la pandemia ha reso ancor piú difficile il giá problematico accesso alle cure e al supporto psicosociale necessario per i pazienti che soffrono di problemi mentali. Durante i mesi del lockdown, molti dei pazienti ricoverati presso l’ospedale psichiatrico di Nairobi sono stati dimessi anche se avevano ancora bisogno di cure. Sono stati chiusi gli ambulatori e dunque i pazienti non hanno avuto piú accesso alle terapie di supporto. Problematico anche l’accesso ai farmaci, per la riduzione generalizzata del reddito familiare. Ma, ancor piú grave, é risultato evidente che il paese non ha una strategia adeguata per far fronte ai problemi relativi alla salute mentale. Un articolo pubblicato lo scorso 11 ottobre sul Daily Nation, il quotidiano piú diffuso del paese lo sottolinea nel titolo: “La salute mentale merita la stessa attenzione del benessere fisico”.

L’impegno di Cittadinanza: il supporto psicologico alle madri

Noi di Cittadinanza in Kenya ci occupiamo della salute mentale di chi si prende cura dei bambini con bisogni speciali presi in carico da Paolo’s Home. Le mamme in particolare sono sottoposte ad enormi pressioni dal momento che lo stigma nei confronti della disabilitá è ancora diffuso. La nascita di un bambino disabile é spesso attribuita a qualche colpa della mamma che viene cosí isolata sia nella famiglia che nella comunitá. Non raramente il nucleo familiare stesso si disintegra sotto il peso dello stigma e dei problemi economici e di organizzazione della vita quotidiana causati inevitabilmente dalla presenza di un figlio disabile, soprattutto in un paese dove i servizi sociali sono poco presenti e ancor meno efficienti.

Al centro è attivo un servizio di counseling con una psicologa esperta ed appassionata che ha aiutato molte mamme in crisi a costruire un rapporto positivo con il figlio disabile e a rimettere in moto le energie necessarie a farsi carico, spesso, dell’intera vita ed economia familiare. La stessa organizzazione del centro valorizza la famiglia dei piccoli pazienti. Alle mamme, e recentemente anche ai papá, vengono offerte occasioni di collaborazione nell’accudimento dei bambini e nei servizi necessari al suo funzionamento. In questo modo si facilita la nascita di legami solidali, preziosi nei momenti di emergenza e di crisi.

Cittadinanza per la sensibilizzazione della comunità

Prima della pandemia erano organizzati anche alcuni momenti all’anno in cui i bambini con le loro mamme si presentavano al quartiere, forti della loro ritrovata sicurezza e della nuova comunitá in cui avevano ricominciato a gestire lo stress e a stare bene. Particolarmente emozionante e liberatoria la manifestazione del 3 dicembre, in occasione della giornata internazionale della disabilitá. Preceduti dalla banda, insieme alle mamme, ai bambini, allo staff e a tantissimi amici sfilavamo nelle vie di Kibera ballando e cantando, coinvolgendo anche molta gente incontrata sulla strada che mai avrebbe pensato di vedere tanta energia positiva in un gruppo visibilmente carico di grossi problemi. Speriamo di poter riprendere anche queste attivitá pubbliche al piú presto, alla fine di questa emergenza sanitaria che ha limitato in modo significativo molti settori del nostro lavoro.

Negli anni scorsi abbiamo sostenuto anche le iniziative di sensibilizzazione sul tema della salute mentale di un’associazione locale che organizzava annualmente una camminata di centinaia di chilometri da una capo all’altro del paese per informare sul tema la gente e sensibilizzare le autoritá locali. La pandemia ha bloccato anche queste attivitá insieme ai nostri sforzi di capire come avremmo potuto renderci utili anche in appoggio ai diritti delle persone con problemi di salute mentale in generale. Ma è un discorso che speriamo di riprendere appena sará di nuovo possibile.

Bruna Sironi, dal 2018 volontaria di Cittadinanza a Nairobi, collabora stabilmente con la rivista Nigrizia e ha alle spalle oltre 20 anni di cooperazione in Africa.

Le attività del progetto Paolo’s Home sono realizzate all’interno del progetto SPARK 2: PROTEZIONE SANITARIA, ACCESSO A CIBO, RIABILITAZIONE ED EMPOWERMENT PER I BAMBINI CON DISABILITÀ E LE LORO MADRI NELLE AREE SVANTAGGIATE DI NAIROBI (KENYA) – FASE 2 (ID 44) – Kenya (paese prevalente) – CUP n. E49J21016600009 della Regione Emilia Romagna e con il contributo della Chiesa Valdese e della Fondazione Irma Romagnoli.