In Kenya, tra gli effetti della pandemia da Covid 19 sará sicuramente annoverato l’enorme impatto, estremamente negativo, sulla vita di molte ragazzine.

In questi giorni i giornali del paese pubblicano preoccupanti statistiche e si interrogano sull’aumento  esponenziale di gravidanze precoci. Un vero scandalo nazionale, svelato quando una funzionaria del dipartimento per la protezione dei minori della contea di Machakos, confinante con quella di Nairobi, ha riportato i dati desunti dal sistema informativo distrettuale del Ministero della sanitá: tra i mesi di gennaio e maggio 3.964 adolescenti sono rimaste incinte. Il picco si è registrato in marzo, in concomitanza con la chiusura delle scuole come misura per controllare la pandemia. I dati riguardano solo le ragazzine che si sono recate ai presidi sanitari, ma molte altre, soprattutto nelle zone rurali piú remote, potrebbero essere del tutto sconosciute al sistema sanitario e agli assistenti sociali.

Il responsabile della sanitá della contea ha precisato che il dato potrebbe non essere accurato e potrebbe aver registrato le visite, non le pazienti. Ma il numero, seppur minore, sarebbe comunque enorme. E, secondo stime credibili di esperti nella difesa dei diritti dei bambini, come Kate Maina-Vorley, direttrice della sezione keniana di Plan International, Ong specializzata nel settore, le ragazzine sotto i 19 anni rimaste incinte nel paese in questo periodo di lockdown potrebbero essere molte decine di migliaia.

Il Daily Nation, il quotidiano piú diffuso in Kenya, in questi giorni ha raccolto dati e testimonianze sul problema in diverse contee. Ne risulta un quadro davvero allarmante. Nella contea di Kajiado, pure confinante con Nairobi, sono rimaste incinte 15 bambine frequentanti la prima superiore. I responsabili sono studenti piú grandi, oppure parenti stretti o vicini di casa. La stessa situazione a Mombasa, Kilifi e in molte altre contee. Alcuni dei funzionari intervistati hanno dichiarato che sono in notevole aumento anche gli incesti e le violenze sessuali. Secondo una recente ricerca di Plan International in 9 contee, un terzo delle ragazze e un sesto dei ragazzi keniani sotto i 18 anni sono vittime di violenza sessuale, ma difficilmente trovano qualcuno con cui confidarsi e a cui chiedere aiuto.

Insomma, una situazione davvero preoccupante su cui i keniani si stanno interrogando. Molti ne attribuiscono la responsabilitá alle condizioni di vita degli strati sociali piú poveri, confinanti in spazi ristrettissimi e in abitazioni anguste, per forza di cose promiscue. Ma molti puntano il dito soprattutto sul sistema socio-culturale patriarcale ancora prevalente nel paese, in cui l’educazione sessuale rimane un tabú. Le ragazzine e i ragazzini rimangono cosí senza una guida e senza le informazioni necessarie in un momento cruciale della loro vita.

Secondo molti esperti, il lockdown e l’imposizione del coprifuoco hanno reso ancor piú difficili le condizioni di vita e la convivenza mettendo in crisi numerose famiglie. Questo ha influito in modo molto negativo sulle ragazzine, confinate in casa per molte ore insieme a ragazzi e uomini adulti, spesso stressati o ubriachi, che non hanno saputo, o voluto, gestire la situazione.

La gravidanza in etá tanto precoce è un rischio per la vita stessa delle giovanissime mamme, soprattutto al momento del parto, cui arrivano fisicamente e psicologicamente immature. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanitá, OMS, le complicazioni durante il parto sono la maggior causa di morte per le ragazze tra i 15 e i 19 anni. E’ un grave rischio anche per i neonati che possono subire traumi durante il travaglio in una percentuale maggiore rispetto ad altre classi di etá. Sono traumi che portano generalmente a forme di disabilitá permanenti.

Comunque vada il parto, le giovanissime mamme saranno segnate per la vita dalla loro precoce esperienza. Con ogni probabilitá non potranno riprendere a studiare quando le scuole riapriranno e, nel breve o nel medio periodo, molte andranno ad ingrossare le fila delle donne che svolgono lavori precari, se non ai limiti della legalitá, che non permettono loro di vivere dignitosamente e di crescere in modo adeguato i propri figli.

Bruna Sironi, dal 2018 volontaria di Cittadinanza a Nairobi, collabora stabilmente con la rivista Nigrizia e ha alle spalle oltre 20 anni di cooperazione in Africa.