Dal 16 febbraio fino a fine mese si è svolta la missione di monitoraggio a Wolisso. Son partiti Alessandro Latini (responsabile progetti) e la dott.ssa Nicoletta Russo, psicologa entrata a fare parte dello staff di Cittadinanza da dicembre con il preciso mandato di seguire il progetto Etiopia.
Alessandro si è fermato una settimana, mentre Nicoletta due, per poter conoscere meglio il progetto e affiancare lo staff dell’ambulatorio di salute mentale e quello di fisioterapia. Ecco qualche aggiornamento sulla missione appena conclusa.

1. Inaugurazione del nuovo ambulatorio di salute mentale
Al dr. Andrea Melella, psichiatra e volontario di Cittadinanza che segue il progetto dal 2017, va uno speciale ringraziamento per aver portato la sua competenza e passione al servizio di un progetto che intendiamo far crescere. E’ in gran parte grazie alle missioni che ha effettuato dal 2017 ad oggi se è stato possibile inaugurare il nuovo ambulatorio di salute mentale dell’ospedale.

L’ambulatorio è stato inaugurato con la cerimonia del taglio del nastro e quella del caffè. Il vecchio ambulatorio aveva a disposizione poco spazio e rendeva impossibile ricevere più pazienti contemporaneamente. Inoltre il servizio andava incontro a significative problematiche logistiche ogni qual volta un paziente dovesse essere sedato.  Grazie ai lavori di rinnovo e di ampliamento, sarà possibile attuare una vera e propria riorganizzazione del servizio. La sezione conta ora due stanze divise da un muro, per poter finalmente garantire la privacy di ogni paziente. In ogni stanza è presente una scrivania e un lettino. Nel primo spazio verranno svolte le “prime visite”, più lunghe, con colloqui mirati a una prima conoscenza della situazione e con pazienti che si presentano per la prima volta all’ambulatorio. Il secondo spazio sarà invece dedicato alle visite di controllo, con durata più breve. Le visite sono circa 30-33 al giorno e si concentrano maggiormente durante la mattina e nei primi giorni della settimana. Circa il 70% delle visite sono di  follow-up, cioè di controllo, per monitorare la situazione dei pazienti che sono stati sottoposti ai farmaci e verificare che la terapia stia procedendo bene. Infine, il lavoro di ristrutturazione dell’ambulatorio si propone anche di dare maggiore visibilità ed importanza ai temi di salute mentale anche dentro l’ospedale stesso. In passato lo staff aveva più volte lamentato, infatti, un senso di emarginazione e una scarsa considerazione da parte degli altri reparti dell’ospedale. Da quando l’ambulatorio è stato trasferito gli operatori hanno riportato di avere avuto un incremento nel numero di richieste di consultazione da parte degli altri professionisti.

2. L’affiancamento in ambulatorio.
Durante la missione Nicoletta ha affiancato gli operatori dell’ambulatorio. Di seguito, alcuni esempi rappresentativi dei casi più frequenti, oltre alla schizofrenia che occupa il 30% dei casi.

Epilessia. Gli epilettici rappresentano il 40% degli utenti dell’ambulatorio. In questi casi, l’assunzione di un farmaco può cambiare radicalmente la situazione del malato, riducendone le crisi e permettendogli di condurre una vita normale. Un problema rilevante circa la malattia riguarda però l’emarginazione rispetto alla comunità. Le persone con epilessia non vengono toccate e nel momento degli episodi convulsivi vengono viste come indemoniate o possedute. A causa di questi pregiudizi i parenti tengono i malati in casa, al riparo da stigma e vergogna sociale che colpirebbe tutta la famiglia. Proprio in risposta a questa problematica, l’ambulatorio offre anche un servizio di informazione e sensibilizzazione. Oltre alla spiegazione durante il colloquio, l’infermiera Fenet, una volta ogni due settimane illustra a tutti i presenti in sala d’attesa cosa si intende per Epilessia, descrivendone i sintomi e spiegando che si tratta di una malattia neurologica per cui la terapia è efficace nella riduzione delle crisi. Questa prassi ha finora riscontrato dei buoni risultati ed è utile perchè permette la divulgazione delle informazioni tra le persone che le ascoltano e il resto del villaggio. L’obiettivo è quello di convincere le persone, a piccoli passi, a rivolgersi all’ospedale.

Tentati suicidi. Dei tanti pazienti che si presentano per tentato suicidio, la maggior parte sono giovani donne, di circa 16/17 anni che hanno ingerito pesticidi o candeggina. Il pronto soccorso le accoglie e, una volta che la loro situazione si stabilizza, le trasferisce all’ambulatorio di salute mentale, affinchè possano avere un colloquio con l’infermiere psichiatrico prima della dimissione. Durante i giorni di affiancamento appare chiaro come, in alcuni casi, il tentato suicidio non derivi da problemi psichiatrici ma consista più che altro in un atto di ribellione sociale. Un gesto messo in atto dalle ragazze per contrastare le proprie famiglie in modo indiretto e sottrarsi così a decisioni già stabilite che le coinvolgono, come per esempio i matrimoni forzati. Dopo la dimissione, ai pazienti viene fissato un secondo appuntamento entro dieci giorni dall’evento, in seguito al quale si propongono dei brevi percorsi di sostegno psicologico (massimo 10 sedute). Tuttavia secondo gli operatori la popolazione è abituata a recarsi in ospedale solo di fronte a episodi critici o per seguire una terapia farmacologica, dunque sono in pochi a ripresentarsi per un colloquio di couseling. Durante la stagione delle piogge, i tentati suicidi diventano suicidi effettivi perché le famiglie non riescono a portare il paziente all’ospedale in tempo per salvarlo. Il territorio di Wolisso è infatti molto ampio e l’ospedale ha un target di circa 1,2 milioni di persone, la maggior parte delle quali arrivano da aree rurali e difficilmente accessibili.

Dipendenze patologiche. L’ambulatorio di salute mentale del St. Luke si trova spesso di fronte a casi di doppia diagnosi, ovvero a persone che soffrono di una determinata patologia psichiatrica accompagnata e spesso aggravata, da una dipendenza da sostanze stupefacenti. La maggior parte di queste persone consuma Qat, una pianta le cui foglie vengono masticate come stimolante. Il Khat in Etiopia è legale, molto diffuso e socialmente accettato. Viene utilizzato soprattutto dagli uomini e più in generale da chi fa un lavoro molto pesante, come quelli legati all’agricoltura e alla pastorizia.

3. Formazione dello staff dell’ambulatorio di salute mentale
Durante la missione sono stati conclusi anche gli accordi che riguardano la formazione dello staff dell’unità di salute mentale. La formazione, prevista per metà marzo, prevede cinque giorni di approfondimento teorico, svolto da uno psichiatra proveniente da Addis Abeba, e una parte pratica, in cui i professionisti del St. Luke andranno, a rotazione, all’Ospedale Black Lion di Addis Abeba. Per i tre mesi successivi alla formazione, è previsto un monitoraggio dello staff a Wolisso da parte dello psichiatra due giorni al mese.
I temi della formazione sono stati discussi con lo staff e definiti in base ai loro bisogni e alle esigenze riportate.

4. Monitoraggio del lavoro di VCBRA
Un altro obiettivo della missione era monitorare la collaborazione con Vision Community Based Rehabilitation Association, un’associazione che si occupa della riabilitazione su base comunitaria (CBR) per bambini con disabilità. VCBRA ha sviluppato negli anni un modello di intervento comunitario che integra riabilitazione, inclusione sociale, sostegno psico-sociale, empowerment economico e coinvolgimento della comunità. VCBRA attualmente a Wolisso segue 138 bambini con disabilità, mentre ad Ambo, cittadina a 60 km di Wolisso, 151.

Un primo passo del progetto è stato quello di identificare i bambini con disabilità nelle aree periferiche di Wolisso. Ciò è stato fatto mediante una formazione specifica sulla disabilità da parte degli operatori di VCBRA agli operatori degli Health Post dei territori interessati, ovvero le aree di Dilella e Tulu Bolo.
Gli Health Post si rivolgono ad un target di circa 5000 persone ed in Etiopia rappresentano il presidio sanitario più vicino alla comunità. Gli operatori hanno effettuato un’accurata indagine e nelle due aree sono state identificate in totale 227 persone con disabilità, di cui 103 minori.

In seguito all’identificazione, le famiglie sono state invitate a partecipare a delle giornate di valutazione agli Health Center di Dilella e Tulu Bulo in cui sia gli operatori di VCBRA che la fisioterapista Maeza del St. Luke hanno valutato i bambini identificati dal punto di vista sia cognitivo che motorio. La maggior parte dei bambini visitati non era stata mai visitata né aveva mai fatto accesso ad alcun tipo di presidio sanitario.
Il processo di valutazione rappresenta quindi la possibilità di avere non solo informazioni e supporto sulla disabilità ma anche su altre condizioni sanitarie.  Lo scopo è, infatti, anche quello di facilitare l’invio delle persone ai servizi territoriali e all’ospedale e di attivare interventi di CBR ove necessario. Il progetto prevede, in un secondo momento, anche dei programmi di empowerment economico per le madri delle famiglie più povere e bisognose.

Durante la missione a Wolisso, Alessandro e Nicoletta hanno avuto la possibilità di assistere ad uno degli interventi di sensibilizzazione delle comunità locali sul tema della disabilità. In Etiopia le cerimonie del caffè vengono organizzate ogni qualvolta vi sia un ospite, un evento particolare (come un matrimonio o una festa) ma anche tradizionalmente tra vicini di casa quando si vuole discutere di questioni che riguardano la comunità. Per questo VCBRA ha pensato di legare i suoi interventi di sensibilizzazione proprio a occasioni come queste.

Durante la giornata organizzata da VCBRA, l’operatrice ha aperto l’incontro invitando i partecipanti a ragionare sulla disabilità, ponendo alcune domande: che cosa significa per voi disabilità? Dareste vostra figlia in sposa a un disabile? Un disabile può lavorare? Può studiare? Questa è la modalità che utilizza VCBRA: l’associazione cerca di aprire dibattiti sull’argomento e la mediazione dell’operatrice fornisce ogni volta informazioni aggiuntive sul tema. L’assemblea è partecipata e coinvolge tutta la comunità.

5. Individuazione delle esigenze del reparto di fisioterapia
Il reparto di fisioterapia dell’ospedale di Wolisso funziona dal lunedì al venerdì e ogni giorno della settimana viene dedicato a problematiche diverse: il lunedì è dedicato ai bambini con disabilità, il martedì e il venerdì alla riabilitazione di chi ha avuto infarti o ictus, il mercoledì alle consultazioni interne all’ospedale e il giovedì al piede torto. Attualmente Maeza è ancora l’unica fisioterapista del St. Luke e sta per andare in maternità. Già da mesi stiamo lavorando per garantire all’ospedale un secondo fisioterapista. Sono già stati pubblicati due annunci dall’ospedale ma trovare un secondo operatore non è semplice. Uno dei problemi principali della ricerca è che la differenza di stipendio con la capitale Addis Abeba, dove i fisioterapisti riescono ad avere stipendi più alti o comunque a svolgere più attività lavorative contemporaneamente.

Per quello che riguarda il suo lavoro, Maeza ci spiega che gran parte è organizzato nei reparti. E’ questa, infatti, l’urgenza dell’ospedale. La presenza di un secondo fisioterapista, oltre che essere indispensabile per sostituire Maeza, andrebbe ad aggiungere spazio e tempo da dedicare agli outpatients, cioè ai pazienti che vengono da fuori ed in particolare ai bambini con disabilità.  Quando le chiediamo di raccontarci i suoi bisogni, Maeza usa poche parole: “abbiamo bisogno di qualità”. La sua idea è quella di fare interventi individualizzati sulla base delle esigenze dei pazienti che incontra. Ci racconta di casi che avrebbero bisogno di sedie a rotelle a casa, e vorrebbe che parte dei fondi fosse allocata per fornire gli equipaggiamenti a domicilio per le famiglie con bambini disabili. Siccome costano molto, Maeza propone di organizzare una formazione al laboratorio di falegnameria interno al St. Luke su come costruire le forniture richieste. Maeza sostiene che al momento attuale, quando chiede qualcosa all’ambulatorio, non viene mai ascoltata. Aggiungiamo però a questo report un aggiornamento importante: una comunicazione degli ultimi giorni ci ha confermato l’assunzione di un secondo fisioterapista, avvenuta appena qualche settimana dopo la nostra missione.

6. Bambini con disabilità cognitive
Un’altra evidenza che emerge dalla missione riguarda il fatto che a Wolisso ci sia ancora una grossa lacuna di servizi riguardo i pazienti con disabilità cognitiva, come autismo e ritardo mentale. Tutti bambini o gli adulti con queste problematiche vengono attualmente inviati ad Addis Abeba perché il St. Luke non ha alcun professionista specializzato in questo tipo di disturbi e non ci sono associazioni che si possano prendere cura di questi pazienti e dei loro caregiver (VCBRA è prevalentemente specializzata in problematiche fisiche e sensoriali). Non tutti i pazienti possono, per motivi economici, recarsi nella capitale. Per questo motivo la formazione allo staff dell’ambulatorio psichiatrico del St. Luke verterà anche su queste tematiche.

Parte delle attività del progetto Etiopia sono previste dal progetto “WAVE” – CUP n.  E12C190000600 (realizzato con il contributo della Regione Emilia Romagna)