Anche in Kenya, come in Italia, il governo ha largamente sottostimato l’impatto che le misure di contenimento della diffusione del virus avrebbero avuto sui bambini, e finora non ha preso
provvedimenti per attenuarlo.
Le scuole di ogni ordine e grado sono state chiuse alla metá di marzo, alla scoperta della prima persona positiva al virus nel paese. Stava finendo il primo quadrimestre.
In Kenya infatti l’anno scolastico coincide con l’anno solare. Scolari e studenti si stavano preparando ai test di verifica prima della chiusura per le vacanze di Pasqua, che qui durano per tutto il mese di aprile.

Le scuole avrebbero dovuto riaprire all’inizio di maggio, ma ancora oggi, alla fine del mese, nessuno si azzarda a prevedere quando le lezioni potranno riprendere. Il diffondersi sempre piú rapido del contagio (52 morti e 1286 positivi il 25 maggio, 72 piú del giorno precedente, un nuovo record dopo la media di una cinquantina al giorno nell’ultima settimana) ha consigliato alle autoritá competenti di
prolungare, seppur con qualche ammorbidimento, le misure prese in marzo, compresa l’interruzione
delle lezioni.


Lezioni online, ma per chi?

Intanto si fa un gran discutere anche qui, come in Italia, di lezioni online come se la totalitá o quasi
delle famiglie disponesse di un computer e della connessione internet. Invece é una piccolissima minoranza di privilegiati (molto piú ristretta che nel nostro paese) che potrá avvantaggiarsi anche di questa possibilitá formativa mentre tutti gli altri ne saranno esclusi. In un sistema scolastico molto competitivo come quello keniano questo avrá conseguenze sulla possibilitá di accedere ai gradi di
istruzione superiore. Ci potrebbero essere pesanti conseguenze non solo nel breve, ma anche nel medio e lungo termine.


Lo sforzo del Kenya sull’istruzione e i rischi della pandemia

Il governo del Kenya ha fatto un grande sforzo per convincere la popolazione che l’istruzione è
importante come strumento di mobilitá sociale e di sviluppo socio economico generale. E’ il paese
della regione in cui l’istruzione è piú valorizzata e il tasso di frequenza scolastica piú alto. I nuovi programmi sono decisamente avanzati e prevedono il diritto all’inclusione nella scuola di base a tutti bambini. Naturalmente nella realtá le disparitá sono enormi.

Ma il modo di affrontare i problemi posti dalla pandemia nella scuola rischia di scardinare l’idea stessa che l’istruzione é una prioritá per lo sviluppo del paese e un diritto che va salvaguardato per tutti.

I primi a farne le spese saranno i gruppi sociali piú svantaggiati: disabili e bambini che vivono nelle baraccopoli.
I bambini di cui si occupa Paolo’’s Home, insomma. Giá adesso non è facile trovare
scuole disponibili e adatte a garantire un’inclusione effettiva, e non solo formale, ai piccoli pazienti del centro. Quando finalmente le scuole saranno riaperte le prioritá riguardanti il diritto
all’istruzione potrebbero essere altre. Ad esempio recuperare il tempo perduto accellerando i ritmi
dell’insegnamento per garantire il successo agli esami e il passaggio all’anno successivo al maggior
numero possibile di studenti. I disabili e chi non riesce a tenere il passo, come molti figli delle
famiglie piú in difficoltá, diventeranno un peso insostenibile e saranno messi da parte.

 

Bruna Sironi, dal 2018 volontaria di Cittadinanza a Nairobi, collabora stabilmente con la rivista Nigrizia e ha alle spalle oltre 20 anni di cooperazione in Africa.