Bruna Sironi, dal 2018 volontaria di Cittadinanza a Nairobi, collabora stabilmente con la rivista Nigrizia e ha alle spalle oltre 20 anni di cooperazione in Africa. Oggi ci racconta come il Kenya e il centro di Paolos  Home siano stati messi a dura prova dal lulteriore ondata di contagi che ha investito il Paese nelle ultime settimane. Le prospettive future non sono rosee.

Il Covid-19 tormenta ancora il Kenya

Siamo arrivati al ventesimo aggiornamento sul lavoro di Paolo’s Home durante la pandemia che ha stravolto le nostre vite. Quando abbiamo cominciato, la scorsa primavera, nessuno di noi pensava che, a un anno e piú di distanza, sarebbe stato ancora necessario informarvi sull’evoluzione di una situazione che qui, come nel resto del mondo, continua a rimanere critica.

In Kenya stiamo forse uscendo in questi ultimi giorni dalla piú preoccupante ondata di contagi dall’inizio della pandemia. Per alcune settimane ogni giorno i nuovi positivi hanno superato il migliaio e i morti la ventina, a fronte di un numero estramente limitato di tamponi e senza nessun tentativo di tracciamento. Secondo i dati ufficiali, i contagiati confermati sono ormai piú di 146.000 e i morti 2.368. I tamponi effettuati sono stati poco piú di un milione e mezzo in 13 mesi; in Italia lo stesso numero si fa in meno di una settimana.  Perció, di fatto, è ben difficile stimare quale sia la reale situazione della pandemia nel paese.

La grande famiglia di Paolo’s home toccata dal virus

Si puó dire peró che, nell’ultimo periodo, è vivissima la sensazione che ci sia stato un veloce aggravamento. Ognuno ormai conosce personalmente diverse contagiati e sa di qualche conoscente che non ce l’ha fatta. Anche nella nostra “famiglia estesa” keniana abbiamo avuto molti casi: una persona dello staff di Koinonia cui è stata diagnosticata una polmonite bilaterale, ricoverata per diversi giorni in ospedale e per cui é stato necessario l’ausilio dell’ossigeno; una persona dello staff di Paolo’s Home positiva con sintomi che é stata curata a casa; la mamma di un bambino che frequenta il daycare dimessa dall’ospedale nei giorni scorsi; lo zio di un altro, morto di Covid nelle scorse settimane; e purtroppo anche alcuni bambini che non hanno superato una “brutta influenza”, come si dice qui quando non si è accertato con un test di che cosa realmente si trattava. I tamponi, infatti, non sono alla portata di tutti. Costano, e tanto, per molte delle famiglie che abitano gli slum da cui provengono i piccoli che frequentano Paolo’s Home. Alla metá di marzo abbiamo avuto la percezione che il centro potesse essere diventato un hotspot per la diffusione del virus e abbiamo deciso di chiudere. L’abbiamo parzialmente riaperto dopo un mese, lunedí 12 aprile.

Alle prese con ulteriori misure restrittive

La nostra decisione di chiudere le attivitá è arrivata alcuni giorni prima che anche il governo intervenisse per limitare l’aggravarsi della situazione nel paese. Appena prima di Pasqua ha infatti deciso misure restrittive simili a quelle del marzo dello scorso anno: imposizione del coprifuoco dalle 8 di sera alle 4 del mattino; chiusura dei confini di 5 contee, quasi l’intera zona centrale dei paese; tra le contee da cui non si entra e non si esce Nairobi, che continua ad essere quella maggiormente investita dalla pandemia; chiusura dei locali pubblici e dei ristoranti, che possono lavorare solo per l’asporto; limitazioni drastiche alle riunioni politiche e alle cerimonie religiose e familiari. Le scuole erano giá chiuse per sette settimane di vacanza, ma per ora non si ha nessuna informazione sulla loro riapertura.

Il ruolo delle varianti: compare la tanzaniana

Si dice che l’aggravamento della situazione sia dovuto, anche qui come in tanti altri paesi del mondo, alle varianti, quella inglese e quella sudafricana soprattutto. Ma i mezzi d’informazione discutono anche di una variante tanzaniana, ancora poco diffusa, ma che sarebbe la piú pericolosa tra quelle individuate finora. Sarebbe stata trovata dallo stesso laboratorio che aveva sequenziato la variante sudafricana.

Un futuro poco roseo

Intanto le pressioni per riaprire i confini delle contee in lockdown e per alleviare le restrizioni sono fortissime. Si discute quotidianamente  dei danni all’economia e della catastrofe del debito causati dalle misure governative per affrontare la pandemia. Si spera nell’efficacia della campagna vaccinale, iniziata meno di un mese fa grazie a 1 milione e mezzo di dosi (per circa 54 milioni di abitanti) di AstraZeneca inviate nel paese da Covax, il progetto dell’Organizzazione Mondiale della Sanitá che ha l’obiettivo di fornire i vaccini ai paesi del sud del mondo.

Non si fanno invece previsioni sulla fine della pericolositá della pandemia. Troppo scarse le possibilitá di contrastarla in modo efficace e per ora troppo pochi i vaccini a disposizione. Al contrario sono sicure le previsioni sui danni causati: un aumento vertiginoso della disoccupazione e della popolazione che vive sotto la soglia della povertá e un governo schiacciato dai debiti che, nei prossimi anni potrá investire sempre meno nei servizi di base a beneficio dei cittadini, in particolare di quelli piú in difficoltá.

Le attività del progetto Paolo’s Home sono realizzate all’interno del progetto SPARK- PROTEZIONE SANITARIA, ACCESSO A CIBO, RIABILITAZIONE ED EMPOWERMENT PER I BAMBINI CON DISABILITÀ E LE LORO MADRI NELLE AREE SVANTAGGIATE DI NAIROBI (KENYA) (ID 7) –
Kenya (paese prevalente) – CUP n. E41B20001260003 della Regione Emilia Romagna e con il contributo della Chiesa Valdese e della Fondazione Irma Romagnoli.