Anche in Kenya l’educazione è tra i settori messi maggiormente in crisi dalla pandemia per il Covid 19.
Le scuole di ogni ordine e grado sono chiuse dalla metá dello scorso marzo e riapriranno in gennaioE’ cosí saltato un intero anno scolastico; nel paese, infatti, le lezioni iniziano a gennaio e finiscono in dicembre.

Quest’anno non ci saranno esami per il passaggio da un ciclo all’altro e per la fine della
scuola media superiore e dunque, a quanto sembra di capire dalle frammentarie informazioni diffuse
attraverso i mass media, neppure ammissioni all’universitá.

Educazione online, ma per chi?
Negli scorsi mesi molto si é discusso di educazione online e le scuole, in particolare le superiori,
hanno tentato di seguire le disposizioni ministeriali, ma hanno presto dovuto constatare che la
metodologia aveva beneficiato solo una strettissima minoranza di studenti.
Tutti gli altri, e soprattutto quelli dei ceti sociali meno abbienti e quelli che si trovano nelle aree rurali, non hanno potuto essere raggiunti.
Senza parlare delle difficoltá degli stessi insegnanti che, generalmente parlando e in particolare nella scuola dell’obbligo, non guadagnano a sufficienza per permettersi un computer personale e una connessione affidabile, tanto da reggere il collegamento sulle piattaforme piú comunemente usate per lunghe attivitá online.

Scuole di comunità “Sotto l’albero”, una proposta discussa
La preoccupazione per milioni di scolari e di studenti che, a causa di una cosí prolungata sospensione
delle lezioni, rischiano di perdere le abilitá giá acquisite, ha stimolato gli esperti ministeriali che, nei
giorni scorsi, hanno avanzato la proposta di organizzare, da settembre, lezioni comunitarie in gruppi di vicinato, all’aperto – “Sotto gli alberi” titolava giorni fa il Daily Nation, il piú diffuso quotidiano del paese – o in spazi messi a disposizione da istituzioni ed enti del territorio.

Gli insegnanti dovrebbero essere volontari, identificati dai leader comunitari. Questo genere di lezioni dovrebbero essere gratuite e dovrebbero iniziare in settembre. Si tratterebbe, in sostanza, di un doposcuola che finirebbe per intrattenere bambini e ragazzi, o poco piú. Gli animatori, difficile chiamarli in altro modo, dovrebbero anche insegnare “i valori comuni” della cultura del paese, in modo da aiutare i ragazzi, ma soprattutto le ragazze, a sfuggire agli abusi, evitando, ad esempio, l’aumento di gravidanze precoci, vertiginoso negli ultimi mesi. Come se le responsabili fossero le ragazzine e non gli adulti che le sfruttano sessualmente e poi, dopo aver rovinato le loro vite e i loro sogni per il futuro, le abbandonano al loro destino.

Quella della scuola comunitaria é una proposta giá molto criticata perché giudicata irrealizzabile dal punto di vista pratico e senza obiettivi chiaramente definiti. Segnala peró la consapevolezza
dell’enormitá della situazione creata dalla pandemia che ha azzerato gli sforzi degli ultimi anni per promuovere il diritto all’educazione per tutti nel paese.

E i bambini più piccoli? 
Particolarmente negletti i diritti dei bambini piú piccoli, che, giá si prevede, non troveranno posto
nella scuola il prossimo gennaio dal momento che, a causa del distanziamento sociale necessario per
impedire il contagio, gli spazi non saranno sufficienti e dunque sará privilegiata la frequenza dei piú grandi. Si stima che un milione almeno di bambini non potranno cominciare la scuola all’etá stabilita dalle stesse istituzioni del paese.
Nulla inoltre si è fatto finora e si dice per il futuro dei bambini con bisogni speciali, per molti dei quali l’isolamento domestico di questi mesi ha cancellato i progressi faticosamente raggiunti nello sviluppo cognitivo e motorio e nella socializzazione.

In difficoltà anche gli insegnanti
In gravissima difficoltá anche molti insegnanti. Tutti quelli che lavorano nelle scuole private, molto numerose in Kenya dal momento che il governo non riesce a far fronte ai bisogni della popolazione, e quelli che hanno contratti precari nella scuola pubblica non sono stati pagati dal mese di marzo e non riceveranno nessuno stipendio per molti mesi ancora. Gli insegnanti, soprattutto quelli della scuola primaria, provengono dalle classi sociali medio basse e mantengono famiglie allargate che ora si trovano senza nessuna fonte di reddito.
Per loro, molte migliaia di persone, non sono previsti sussidi.
Peró si pensa di offrire a volontari, si suppone in maggioranza ben poco qualificati, un lavoro
gratuito o quasi (in Kenya i volontari di solito ricevono piccoli incentivi) che avrebbe invece potuto
dare agli insegnanti precari qualche opportunitá di affrontare le difficoltá enormi di questo
momento.

Ma il fatto piú sorprendente è che il Ministero dell’educazione pensi di affidare per diversi mesi alle comunitá l’organizzazione di attivitá di insegnamento che sono invece di sua competenza. E questo è forse un segnale che la pandemia sta lasciando il segno nel cuore stesso delle istituzioni del paese.

Bruna Sironi, dal 2018 volontaria di Cittadinanza a Nairobi, collabora stabilmente con la rivista Nigrizia e ha alle spalle oltre 20 anni di cooperazione in Africa.