Anche in Kenya il coronavirus ha ricominciato a correre. Nell’ultima settimana i contagiati sono stati in media piú di 1000 al giorno e i morti una quindicina. Mai successo prima, neppure nel mese di luglio, quando si pensava che il contagio fosse giunto al suo apice.

La nuova ondata dell’epidemia ha giá costretto alla chiusura diverse istituzioni e servizi. Secondo i mezzi d’informazione locali, hanno dovuto interrompere le attivitá gli uffici di almeno 8 contee (paragonabili alle nostre regioni ma con maggiori competenze e un maggior grado di autonomia), numerose scuole, aperte all’inizio di ottobre solo per le classi di esame, e diversi altri servizi pubblici. Impiegati, insegnanti e anche studenti sono stati contagiati in gran numero, perció hanno dovuto iniziare le cure e l’isolamento previsto dalle misure imposte dal governo e questo ha portato all’interruzione delle attivitá. 

Secondo analisi della situazione, pure pubblicati dai mezzi d’informazione locali, la circolazione del virus non è descritta con precisione dai dati – diffusi quotidianamente dal Ministero della Sanitá – sui positivi, sui morti, sui ricoverati nei reparti covid e in quelli per la terapia intensiva degli ospedali. I numeri sono ancora tutto sommato limitati (domenica 1 novembre i positivi erano 55837 e i morti 1013) ma le modalitá di raccolta delle informazioni non riescono a intercettare il numero reale dei contagiati, che sarebbero aumentati molto dall’inizio della pandemia e costituirebbero ormai una buona percentuale della popolazione. Secondo un documento dell’Istituto per la ricerca medica del Kenya (Kenya Medical Research Institute), citata in un articolo pubblicato venerdí 30 ottobre dal Daily Nation, il giornale piú diffuso del paese, lo si puó dedurre dalla ricerca degli anticorpi fatta su persone che, per motivi diversi, hanno dovuto fare gli esami del sangue. Ad esempio, il 5,6% dei donatori di sangue era stato esposto al virus in maggio; all’inizio di agosto erano il 13,3%. La stessa ricerca mette in evidenza che il contagio si é ormai diffuso in tutto il paese e, nelle ultime settimane, aumenta soprattutto nelle zone rurali, dove piú limitata è la rete dei servizi sanitari.

Scontro su questione scuola

Voci ricorrenti a Nairobi paventano un altro lockdown a causa del peggioramento della situazione, mentre sembra esserci uno scontro nel governo per quanto riguarda il proseguimento delle lezioni in presenza e il calendario scolastico. Il Ministro dell’Educazione dice che le lezioni devono continuare e le scuole devono riaprire per tutti gli scolari e gli studenti il piú presto possibile, ma gli esperti del controllo della pandemia sembrano non essere d’accordo. E’ una situazione di confusione ed incertezza che tocca la maggior parte delle famiglie keniane, che devono giá fare i conti con la chiusura di molte scuole private, che supportavano in modo efficace il servizio pubblico decisamente carente, e con l’aumento delle rette, in un momento in cui le risorse familiari sono in netta diminuzione, soprattutto negli strati sociali piú deboli. Secondo stime credibili, potrebbero essere centinaia di migliaia gli scolari e gli studenti che non potranno riprendere la scuola, se non ci saranno supporti adeguati.

I bimbi disabili in fondo alla lista

Si puó facilmente prevedere che gli scolari e gli studenti con bisogni speciali saranno tra i piú esclusi, per diverse ragioni. Le scuole da loro frequentate sono spesso scuole private che, in buona parte, non riapriranno; senza un sostegno dal governo, sono di fatto fallite a causa della prolungata chiusura. L’inserimento nella scuola pubblica è di solito molto problematico, per la numerositá della classi soprattutto che non permette un insegnamento individualizzato, calibrato sugli obiettivi raggiungibili da uno studente disabile.  Inoltre molte famiglie saranno costrette a scegliere su chi investire le risorse economiche destinate all’istruzione, drasticamente ridotte a causa della contrazione economica dovuta alla pandemia. I figli disabili saranno gli ultimi della lista. 

Negli ultimi anni Paolo’s Home ha seguito l’inserimento scolastico di diverse decine di bambini dimessi dal centro, quando necessario coprendo anche in parte le spese per la frequenza. Alla riapertura delle scuole bisognerá garantirsi che questi bambini possano riprendere la scuola, probabilmente investendo qualcosa di piú, in termini economici e di risorse umane, per sostenere in modo efficace il loro diritto all’istruzione.

Bruna Sironi, dal 2018 volontaria di Cittadinanza a Nairobi, collabora stabilmente con la rivista Nigrizia e ha alle spalle oltre 20 anni di cooperazione in Africa.

Le attività del progetto Paolo’s Home sono realizzate all’interno del progetto SPARK- PROTEZIONE SANITARIA, ACCESSO A CIBO, RIABILITAZIONE ED EMPOWERMENT PER I BAMBINI CON DISABILITÀ E LE LORO MADRI NELLE AREE SVANTAGGIATE DI NAIROBI (KENYA) (ID 7) –
Kenya (paese prevalente) – CUP n. E41B20001260003 della Regione Emilia Romagna e con il contributo della Chiesa Valdese e della Fondazione Irma Romagnoli.